Una donna algerina, dopo aver partorito una bimba e non un maschio come voleva il marito, è stata chiusa in casa. Lei non aveva neanche la chiavi. Le avevano solo il marito e sua cognata. E quando il marito ha cominciato ad aggredire anche la bimba, ha deciso di chiedere aiuto. Ora vive in una comunità protetta.
Una giovane donna egiziana usciva per lavorare perché il marito aveva perso il lavoro. Lui aggrediva sia lei, per punire le sue ore di libertà, sia la figlia perché si metteva lo smalto sulle unghie. Un giorno ha preso la moglie, l’ha fatta salire in macchina e l’ha portata in un luogo isolato per massacrarla. E poi l’ha buttata sul divano, e ficcava coltelli tutt’intorno a lei per terrorizzarla. E’ riuscita ad andare via grazie all’intervento e all’aiuto di un vicino di casa.
Religione o violenza? Queste sono solo alcune delle numerose testimonianze raccolte presso il Centro ascolto-soccorso donna dell’ospedale San Carlo di Milano. Le denunce di violenze fisiche, psicologiche e maltrattamenti a “movente” religioso stanno fortunatamente aumentando in Italia; ma è allo stesso modo vero che ancora troppe giovani donne musulmane, temendo gravi ripercussioni, non trovano il coraggio di uscire di casa e schierarsi contro la violenza. Altre, invece, si vedono costrette a costruire una doppia vita, quella di casa e quella del mondo al di fuori, per dare una speranza, una possibilità ed un senso alla propria vita; ma sempre con il terrore dell’essere scoperte e di quello che potrebbe in conseguenza accadere.
Bambine e ragazze musulmane a scuola, con o senza velo? Lasciarle libere di decidere se fare propria o meno questa usanza potrebbe rappresentare il punto di partenza verso l’inizio del processo di emancipazione di questi mondi femminili, oltre che di maggior integrazione tanto bramata soprattutto dalla fascia d’età adolescenziale. È vero anche che la prima ribellione non avviene nei confronti di tradizioni come questa, quanto più a dolorose pratiche fisiche, al crescere come spose bambine e venir costrette in matrimoni forzati, all’essere considerate “contenitori di bambini”, alle ripetute violenze fisiche e psicologiche nei tentativi di emanciparsi. Potremmo infine ricordare la pratica dell’infibulazione, come sistema per prevenire e mantenere intatta l’illibatezza della donna.
Purtroppo sono necessari svariati anni di maltrattamenti e umiliazioni prima che queste donne riescano a riprendere in mano la propria vita.
Al giorno d’oggi, nel nostro paese, è soprattutto in ambito scolastico che le giovani donne, sentendosi accolte, trovano forza e coraggio per muoversi contro tutto ciò, incontrando una parola di incoraggiamento da parte dell’insegnante o della compagna.
Continuiamo a lottare e a promuovere campagne contro la violenza, perché un po’ alla volta il messaggio si sta estendendo anche alle molteplici culture e religioni con le quali conviviamo in Italia; diamo speranza e allunghiamo la mano verso tutte quelle donne che ancora, a causa del marcato dolore, non riescono ad uscire dal disperato circolo della violenza famigliare. Non lasciamo e non lasciatevi uccidere dalla sofferenza!
Comments