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Immagine del redattoreMartina Casagrande

Intrappolati in un ricordo traumatico!


Incidenti, catastrofi naturali, violenze fisiche, abusi sessuali, morti violente, fanno parte della varietà di eventi traumatici che all’improvviso possono accadere nella nostra vita, mettendo a dura prova la nostra capacità di reagire e andare avanti, soprattutto quando l’incolumità psicofisica viene messa a rischio.

Alcuni di noi però a seguito dell’esposizione ad un evento traumatico sviluppano il cosiddetto Disturbo Post Traumatico da Stress (PTDS); il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – DSM-5 ne definisce i criteri per la diagnosi nosografica, come segue: – Esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione, o violenza sessuale; – Presenza di sintomi intrusivi (ricordi, sogni, reazioni dissociative, intensa sofferenza psicologica, reazioni fisiologiche) associati all’evento traumatico; – Evitamento persistente degli stimoli associati all’evento stesso; – Alterazioni negative di pensieri ed emozioni associate; – Marcata alterazione dell’arousal e della reattività.

I soggetti che manifestano questo disturbo rimangono dunque incastrati nell’evento traumatico esperito, incapaci di concentrarsi sulle attività del presente e progettarsi in un futuro sereno, fanno esperienza di un mondo ostile e minaccioso; rivivono frequentemente l’accaduto, attraverso marcata sofferenza psicologica e forte attivazione fisica; mettono in atto strategie di evitamento verso situazioni in questi termini dolorose, con conseguente ritiro sociale ed interferenza nelle relazioni interpersonali, fino a portare a conflitti coniugali o perdita del lavoro.

Il disturbo può manifestarsi a qualsiasi età, è prevalente nelle femmine, e predispone all’insorgere di un altro disturbo mentale concomitante (80% di probabilità): sentimenti di colpa e vergogna legati all’essere sopravvissuti a differenza di altri, comportamento autolesivo, ostilità, rabbia, inefficienza, calo dell’autostima, disperazione, ritiro sociale, sensazione di minaccia costante, possono portare allo sviluppo in comorbilità di un disturbo depressivo, d’ansia, psicosomatico, del sonno e da uso di sostanze fino alla dipendenza. Non in ultimo queste persone possono manifestare gravi sintomi simil-psicotici e sintomi dissociativi. Elevato il rischio suicidario.

Documentato inizialmente in contesti bellici, nei veterani di guerra (dalla Prima Guerra Mondiale alla Guerra del Vietnam), il disturbo è stato in seguito ampiamente studiato e gli stessi sintomi sono stati ritrovati in traumi legati ad eventi quali incidenti stradali violenti, aggressioni fisiche e sessuali, terremoti e altre catastrofi naturali. Di grande attualità è in questo ambito il tema dei rifugiati, fuggiti da zone di guerra con modalità altrettanto catastrofiche, che rappresentano ad oggi uno dei gruppi ad alto rischio di sviluppo di PTDS, mettendo a rischio l’intero sistema familiare e l’efficace integrazione nella nuova società.

La remissione spontanea del disturbo è molto bassa; ecco perché risulta fondamentale affidarsi all’intervento precoce di uno specialista che possa aiutare nel percorso di riconfigurazione dell’esperienza traumatica vissuta, nell’allontanamento da un mondo minaccioso per l’ingresso in un mondo fonte di nuove esperienze di vita positiva e nuovi progetti.


Riferimenti bibliografici: * Ered A., Cooper S., Ellman LM. Sleep quality, psychological symptoms, and psychotic-like experiences. J.Psychiatr.Res. – 2017 Dec. * Navarra D. Disturbo Post-Traumatico da Stress. Psicoterapeuti in formazione – 2011, num. 8. * Fegert M., Diehl C., Leyendecker B., Hahlweg K., Prayon-Blum V. Psychosocial problems in traumatized refugee families: overview of risks and some recommendations for support services. Child and Adolescent Psychiatry and Mental Health – 2018 Jan.

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